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DSA e lavoro, la battaglia del giovane avvocato: “Ho fatto cambiare la legge sull’esame”

Sono oltre due milioni in Italia le persone con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA), che rischiano di essere escluse dal mondo del lavoro. Molti di loro, infatti, non riescono neppure a giungere ai colloqui, nonostante il loro costante impegno.

E’ per questo che fortunatamente ci sono persone che continuano a battersi per i diritti delle persone con DSA, tra cui proprio l’inserimento ne contesto lavorativo.

Antonio Caterino, 34 anni, perugino, lavora come avvocato in uno dei più importanti studi legali del nostro Paese. Qualche giorno prima della sua laurea, nove anni fa, Antonio scoprì di avere tutti e quattro i Disturbi Specifici dell’Apprendimento.

Ne ha parlato lui stesso alla testata Fanpage, sottolineando come le valutazioni da parte delle aziende siano basate su parametri che non tengono minimamente conto delle difficoltà vissute dalle persone con DSA.

Colloqui, quindi, ma anche concorsi pubblici ed esami abilitanti alla professione: sono molte le situazioni in cui le persone con DSA vengono discriminate. Antonio Caterino non usa giri di parole, evidenziandola come una “lesione delle pari opportunità”.

“Per questo motivo – spiega l’avvocato a Fanpage – l’Ordine degli avvocati e la Corte d’Appello hanno deciso di siglare un accordo che istituzionalizza le misure compensative qualora fossero presenti persone con Dsa”.

Oltre alla sostituzione delle prove scritte con un esame orale, le persone con DSA possono usufruire degli strumenti compensativi per lettura, scrittura e calcolo, e possono disporre anche di un tempo superiore per portare a termine la prova.

Lo stesso Caterino ha eseguito l’esame avvalendosi di questi strumenti. “Solo così ho potuto godere delle stesse chance dei miei colleghi”, afferma il 34enne.

La vicepresidente del Senato, Anna Rossomando, sostiene la battaglia portata avanti dal giovane avvocato. Il ddl Rossomando (attualmente depositato al Senato) dovrebbe essere in grado di superare le lacune normative presenti nella legge 170.

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L’AID replica a Pomeriggio 5: “La dislessia non è una malattia e non si cura”

Le affermazioni espresse nella trasmissione “Pomeriggio 5” non sono andate già all’Associazione Italiana Dislessia (AID).

Durante il programma condotto da Barbara D’Urso, il concorrente dell’Isola dei Famosi 2021, Akash Kumar, ha rivelato di essere dislessico, spiegando di avere difficoltà soprattutto quando discute in maniera concitata con altre persone.

La conduttrice ha commentato parlando della dislessia come “una malattia seria”, precisando che è possibile “curarla”.

L’AID ha quindi ritenuto opportuno inviare una nota al programma Mediaset, chiedendo anche di poter intervenire in una delle prossime puntate per aiutare a fare chiarezza e a divulgare una corretta informazione sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).

La dislessia, sottolinea l’AID, non è una malattia, bensì “un disturbo del neuro-sviluppo che riguarda la capacità di leggere, scrivere e/o calcolare in modo corretto e fluente”. Inoltre, l’Associazione Italiana Dislessia precisa che questo disturbo accompagna l’individuo “per tutta la vita”.

Il disturbo, pertanto, non si cura, ma può essere compensato con una serie di strategie e strumenti.

La dislessia e gli altri disturbi specifici dell’apprendimento non sono causati da alcun deficit d’intelligenza o sensoriali, nè tantomeno da contesti ambientali o problematiche psicologiche. Come precisa l’AID, “dipendono dalle diverse modalità di funzionamento delle reti neuronali coinvolte nei processi di lettura, scrittura e calcolo”.

“Riteniamo che tutti gli organi di informazione, specialmente quelli che raggiungono il grande pubblico televisivo – conclude l’AID – debbano affrontare questi argomenti con serietà e attenzione, nel rispetto della dignità di tutti i cittadini italiani con DSA”.

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DSA e Università, la senatrice Angrisani (M5S): “Serve maggiore tutela”

Nell’ultima interrogazione al Ministro dell’Università e della Ricerca, Maria Cristina Messa, la senatrice Luisa Angrisani (Movimento 5 Stelle) ha voluto ricordare la necessità dare “piena applicazione” alla legge n.170 del 2010 e di garantire quindi maggiori tutele “per gli studenti affetti da disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) e uniformità di metodo nelle università”.

La Angrisani ha parlato nello specifico dei vari Disturbi dell’Apprendimento – dislessia, discalculia, disgrafia, disortografia, disprassia – e di come gli studenti e le studentesse con DSA trovino forti difficoltà a scuola se non ricevono aiuto in maniera corretta.

Proprio la legge n.170 del 2010, richiamata dalla Angrisani, impone l’utilizzo di “strumenti didattici e tecnologici di tipo compensativo come sintesi vocale, registratore, programmi di videoscrittura e con correttore ortografico, calcolatrice”, assieme alle misure che permettono di sostituire alcuni tipi di prove “con altre equipollenti più adatte”.

Problematiche che risultano presenti anche all’Università, come sottolineato dalla senatrice pentastellata, che ha avuto modo di riferire alla ministra Messa quanto le è stato raccontato da una studentessa dell’Ateneo salernitano.

Dall’assenza di uniformità “nell’interpretazione di formulari e mappe concettuali”, passando per la carenza di strumenti materiali volti a “facilitare l’apprendimento, la preparazione e la tenuta di un esame”. Le mancanze denunciate dalla senatrice del M5S sono molte, e sembra che l’emergenza sanitaria abbia contribuito ad aggravare la situazione.

“La pandemia non può costituire un alibi per le manchevolezze dei soggetti pubblici e di tutti coloro che istituzionalmente devono assicurare il giusto aiuto per le persone che presentano deficit psicofisici tali da pregiudicarne il diritto allo studio”, ha concluso la Angrisani, che ha poi chiesto alla ministra di predisporre “linee guida più chiare” in merito all’utilizzo degli strumenti compensativi per gli studenti con DSA nelle Università.

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Esami di terza media, le modalità per l’anno scolastico 2020/21

Come saranno gli Esami di Stato nella Scuola Secondaria di primo grado per questo anno scolastico 2020/2021? Nell’ordinanza ministeriale dello scorso 3 marzo vengono finalmente chiarite le modalità, come riportato anche sul sito dell’Associazione Italiana Dislessia (AID).

L’esame del primo ciclo di istruzione prevede un’unica prova orale, ovvero la presentazione di un elaborato su una determinata tematica che verrà assegnata ad ogni alunno e ad ogni alunna entro il 7 maggio. L’elaborato verrà poi trasmesso dagli alunni al Consiglio di classe entro il successivo 7 giugno.

Per quanto riguarda gli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), l’elaborato verrà assegnato sulla base di quanto previsto dal piano didattico personalizzato – PDP, e lo stesso dicasi per la prova orale.

L’elaborato deve essere naturalmente coerente con la tematica assegnata e può essere realizzato in varie modalità, compresa la presentazione multimediale e il filmato. L’elaborato dovrà abbracciare le discipline presenti nel piano di studi, ma la novità di quest’anno è che i docenti sono chiamati ad indirizzare gli alunni e le alunne nella scelta dell’elaborato, assicurando quindi il massimo sostegno agli studenti con DSA.

I docenti saranno inoltre a disposizione per il supporto per la realizzazione degli elaborati stessi, come chiarito dall’ordinanza ministeriale.

Le competenze richieste sono capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, nonché al livello di padronanza delle competenze di educazione civica.

In caso di studenti degenti in luoghi di cura o ospedali, è prevista la possibilità di svolgere l’esame in videoconferenza.

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DSA, detrazione del 19% sugli strumenti compensativi: ecco come ottenerla

Buone notizie per i genitori di studenti e studentesse con dislessia, che possono usufruire di una detrazione del 19% sulle spese sostenute per l’acquisto di strumenti compensativi e di sussidi tecnici informatici indispensabili per fornire l’adeguato supporto ai propri figli e alle proprie figlie.

La detrazione, valida fino alle scuole secondarie di secondo grado a prescindere se si tratti di maggiorenni o meno, riguarda anche le spese che fanno riferimento agli strumenti compensativi per la comunicazione verbale che consentono di imparare le lingue straniere con un ritmo graduale di apprendimento.

Per poter usufruire della detrazione del 19% sono indispensabili tre requisiti. Il primo è il certificato che attesti la diagnosi di DSA, che può essere rilasciato dal Servizio sanitario nazionale, da specialisti o strutture accreditate.

Inoltre è necessaria la prescrizione autorizzativa, vale a dire la dimostrazione che gli strumenti compensativi acquistati siano effettivamente dedicati al tipo di Disturbo Specifico dell’Apprendimento.

In ultimo, per poter documentare le spese sostenute, i genitori devono mostrare la fattura o lo scontrino fiscale dello strumento compensativo acquistato, che deve avere visibile il codice fiscale del soggetto con DSA e la natura del prodotto acquistato o utilizzato.

Tra gli strumenti compensativi che rientrano nella detrazione del 19% ci sono la sintesi vocale, il registratore, i programmi di video scrittura con correttore ortografico, programmi come tabelle e mappe concettuali e anche gli strumenti tecnologici come i computer, necessari per i programmi di video scrittura.

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I videogiochi migliorano le capacità dei bambini dislessici

Qualsiasi genitore che nota un attaccamento ai videogiochi un pò troppo intenso da parte di suo figlio o sua figlia tende ad intervenire per ridurlo drasticamente, arrivando in alcuni casi anche a vietare l’utilizzo delle piattaforme di gaming.

Ma è davvero la scelta migliore? Impedire che si sviluppi una vera e propria “dipendenza” è senza dubbio una mossa corretta, ma bisogna tenere presente che un uso adeguato dei videogiochi porta solo benefici.

I videogiochi, infatti, migliorano le abilità cognitive e mentali di base dei bambini e facilitano anche lo sviluppo delle capacità logiche. Lo riporta l’American Journal of Play, che mette in evidenza come un utilizzo corretto del gaming permetta anche di sviluppare una memoria più profonda e apporti miglioramenti al processo decisionale e all’attenzione.

Benefici che sembrano manifestarsi con una certa evidenza anche nei bambini e nelle bambine con dislessia. Sempre stando a quanto pubblicato nel report, pare siano state sufficienti 12 ore di gioco per far sì che alunni e alunne con DSA ottenessero risultati molto più incoraggianti nei test di lettura e fonologia.

Per farla breve, i videogiochi stimolano le proprie risorse mentali, spingendo ad utilizzarle per attuare un processo decisionale che porterà a risolvere i problemi. Pertanto, non bisogna affatto togliere i videogiochi ai bambini e alle bambine: basta semplicemente non esagerare.

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Spielberg: “La scuola un incubo, facevo fatica a leggere. Ma solo ora so che sono dislessico”

Anche Steven Spielberg ha dovuto fare i conti con il bullismo all’epoca della sua formazione scolastica. Il celebre regista veniva preso in giro per le sue difficoltà con la lettura, tanto da procurargli un’enorme disagio nel recarsi a scuola.

Nonostante ciò, la diagnosi di dislessia per Spielberg è arrivata solo negli ultimi tempi, come racconta lui stesso in un’intervista su “Friends of Quinn” ripresa anche dal sito “Oggiscuola”.

Steven Spielberg afferma infatti di aver ottenuto quel “pezzo del puzzle” che aveva cercato per tutti questi anni e che gli permette finalmente di chiudere il cerchio.

“Nel mio caso, non sono stato in grado di leggere per quasi due anni. Ero due anni indietro rispetto alla mia classe – racconta il regista – Ero imbarazzato all’idea di alzarmi in piedi e leggere davanti a tutti”.

Fortunatamente, come racconta Spielberg, è arrivata la passione per il cinema a ridargli coraggio e forza. “Girare i film ha rappresentato la mia via di fuga dalla realtà”, ha detto il regista.

La dislessia crea ancora qualche problema a Steven Spielberg, tanto da costringerlo ad una lettura più attenta delle sceneggiature. Le difficoltà scolastiche vennero poi definitivamente superate con la laurea in Cinema e Arti Elettroniche ottenuta nel 2002 presso la California State University con una tesi su Schindler’s List, ancora oggi il suo film più premiato.

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Esame senza strumenti compensativi, la denuncia di una ragazza dell’Università di Catania

Non solo il rifiuto di poter utilizzare strumenti compensativi dato il suo Disturbo Specifico dell’Apprendimento, ma anche risatine e sguardi con l’assistente che non hanno fatto altro che rendere il tutto ancora più complicato.

Una studentessa dell’Università di Catania, iscritta al primo anno di Matematica e Informatica dell’Ateneo etneo, ha voluto raccontare l’accaduto alla testata “MeridioNews”, specificando il trattamento ricevuto durante l’esame di Analisi matematica.

Un esame che si è rivelato un vero e proprio incubo per la giovane, che pure aveva preventivamente avvertito la docente della sua condizione. La ragazza, infatti, spiega di avere una dislessia aggravata da un disturbo d’ansia con tratti ossessivo compulsivi, oltre ad una discalculia che le crea forti problemi nell’apprendimento del sistema di numeri e calcoli.

Qualche giorno prima Francesca (nome di fantasia utilizzato da MeridioNews) aveva mandato una mail alla docente, spiegando la necessità di poter utilizzare strumenti compensativi per poter svolgere correttamente l’esame.

Ma la professoressa le ha risposto che le avrebbe soltanto garantito un tempo aggiuntivo del 30%, una misura che riguarda però le prove scritte (mentre con la pandemia l’esame si è tenuto necessariamente in forma orale e online).

Senza mappe concettuali e formulari, la giovane è andata in tilt, anche perchè il comportamento della docente e dell’assistente, a suo dire, sarebbe stato tutt’altro che irreprensibile. La ragazza non ha superato l’esame ma ha voluto comunque denunciare l’accaduto.

In genere i docenti non fanno problemi nel concedere gli strumenti compensativi, anche se non esiste ancora una disciplina normativa che obblighi i professori universitari ad accogliere queste richieste da parte degli studenti DSA.

Dal canto suo, la docente Alessandra Ragusa, raggiunta dai colleghi di MeridioNews, ha precisato di non poter concedere l’utilizzo di tabelle e calcolatrici perchè si andrebbe a compromettere la corretta valutazione dell’esame. La prof ha poi rispedito al mittente ogni accusa in merito alle presunte “risatine”.

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Diagnosi di DSA, la Calabria è penultima in Italia

Le diagnosi sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) sono fondamentali, ancora di più se fatte in maniera tempestiva. Tuttavia, in Italia ci sono delle Regioni che sono ancora indietro su questo aspetto.

Quella messa peggio di tutte è la Campania, che è la Regione italiana con meno diagnosi di DSA. Al penultimo posto troviamo invece la Calabria, come riferisce l’assessore regionale all’Istruzione della Regione Calabria, Sandra Savaglio. 

Ma la Savaglio ha convocato e presieduto il Tavolo interistituzionale per la definizione delle Linee regionali sui disturbi specifici dell’apprendimento (dsa) proprio per fare luce su questo problema, individuare le criticità e trovare le adeguate soluzioni.

Per l’assessore molto è dovuto dall’ignoranza e dalla mancanza di conoscenza, anche all’interno del sistema scolastico, dato che la didattica tradizionale non può favorire l’apprendimento.

“Quando vediamo bambini in difficoltà, che magari vengono anche bullizzati dai propri compagni, per loro inizia un percorso di vita con tantissime difficoltà che potremmo evitargli, riconoscendoli per come sono e offrendo loro il corretto percorso di apprendimento”, afferma l’assessore Savaglio.

L’assessore, che sottolinea come in Calabria mancano “circa diecimila diagnosi di DSA”, ritiene che siano prioritari due interventi, ovvero il rinforzo degli organici delle strutture sanitarie pubbliche e l’adeguata promozione dell’aggiornamento delle figure cliniche.

In più, la Savaglio precisa come già nel 2016 fosse stato stilato un documento regionale sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (mai applicato, ndr), ma anche come quello stesso documento abbia ora bisogno di essere “corretto, aggiornato e integrato”.

Posizioni condivise anche da Enrico Ghidoni, neurologo componente del Comitato tecnico-scientifico del ministero sui dsa, che evidenzia come troppo spesso le scuole di alcuni territori non inviino segnalazioni in merito alle difficoltà di apprendimento degli studenti: una negligenza che rende molto più difficile riuscire a stabilire precocemente una diagnosi di DSA.

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Addio alla prof.Amodio, una vita a sostegno della scuola inclusiva

L’impegno di Francesca Antonella Amodio è un tesoro che deve proseguire anche se la professoressa non è più con noi.

La docente è venuta a mancare la scorsa settimana, all’età di 62 anni, dopo una lunga malattia con cui ha combattuto con la stessa tenacia che impiegava in quella che era la sua massima convinzione: una scuola il più possibile inclusiva.

La Amodio, che insegnava scienze motorie al liceo Scientifico Galileo Galilei di Potenza ed era anche docente di Pedagogia presso l’Università Cattolica, era particolarmente nota per gli studi nei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), specialmente nelle famiglie che avevano tratto grande giovamento dall’impegno della psicoterapeuta.

La docente stessa era dislessica, ed è per questo che ha voluto condividere la sua esperienza e metterla al servizio della scuola e di tutti. Lo scopo della Amodio era proprio quella di favorire un’istituzione scolastica capace di non lasciare nessuno indietro e di tutelare coloro che sono inevitabilmente penalizzati nell’apprendimento.

L’insegnate riteneva che il mondo della scuola avrebbe dovuto collaborare e agire sinergicamente con quello della sanità, oltre che con le istituzioni e le famiglie. Il benessere di ogni alunno, sosteneva la Amodio, dipende sempre dalla “responsabilità della collettività”.

Il ricordo dell’Associazione Italiana Dislessia è toccante. “Il suo essere orgogliosamente dislessica è stato e sarà un esempio per tutti noi che operiamo nel mondo dei DSA – scrive l’AID – Si è spesa senza riserve, come psicologa e come insegnante, per far conoscere questo mondo ed abbattere scetticismi e pregiudizi che impediscono a molti studenti di essere compresi e valorizzati nel modo giusto”.

Un’intera vita spesa per questa missione, nella speranza che questo grande impegno possa contribuire a costruire la scuola di domani.