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Lauren Sánchez: come la dislessia ha forgiato il suo successo e ispirato il suo libro per bambini

Lauren Sánchez oggi è conosciuta per il suo successo nel mondo dei media e per la sua relazione con uno degli uomini più facoltosi del pianeta. Tuttavia, dietro la sua immagine di donna determinata e realizzata, si cela un percorso segnato da ostacoli e insicurezze.

Da bambina e poi da giovane adulta, Lauren ha spesso vissuto un senso di inadeguatezza, sentendosi rallentata rispetto ai coetanei, senza comprenderne la ragione.

Solo durante gli anni universitari, grazie all’intuizione di un docente di giornalismo, Lauren ha finalmente dato un nome alle sue difficoltà: dislessia o come direbbero gli inglesi dyslexia . Questo disturbo neurologico, che interessa le aree cerebrali responsabili della lettura e della scrittura, rende complesso affrontare attività che per molti sono scontate.
Il professore le consigliò di scrivere liberamente, senza preoccuparsi di errori ortografici o di punteggiatura, e la spronò a sottoporsi a una valutazione specifica.
La diagnosi fu un punto di svolta: Lauren comprese che le sue fatiche non dipendevano da una mancanza di intelligenza, ma da un modo diverso di apprendere.

In una recente intervista a Good Morning America, in occasione della pubblicazione del suo libro per bambini “The Fly Who Flew To Space” (“La mosca che volò nello spazio”), Lauren ha raccontato come la sua esperienza personale abbia ispirato la storia di Flynn, una piccola mosca con il sogno di diventare astronauta.

Il libro, che contiene elementi autobiografici, vuole essere un messaggio di speranza per tutti i bambini che si sentono diversi o in difficoltà, incoraggiandoli a credere nelle proprie capacità e a non arrendersi mai. Lauren ha dedicato quest’opera alla bambina che è stata, quella che si sentiva meno brillante degli altri e che spesso si rifugiava in fondo all’aula, in silenzio. “È stato un periodo molto duro”, ha confidato più volte.

Attraverso il suo impegno e la sua testimonianza, Lauren Sánchez si propone oggi come esempio positivo per chi affronta i Disturbi Specifici dell’Apprendimento dimostrando che con il giusto supporto e tanta determinazione è possibile superare ogni barriera.

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Lauren Sánchez: dalla Dislessia al successo tra aviazione, giornalismo e vita privata

Ogni domenica mattina, la routine di Jeff Bezos è cambiata radicalmente: non più biscotti confezionati divorati in fretta, ma una colazione condivisa con Lauren Sánchez a base di soffici pancakes arricchiti da mirtilli e cioccolato. Un piccolo rituale che riflette un cambiamento più profondo nella vita dell’imprenditore, segnando l’inizio di una nuova fase fatta di benessere e complicità.

Lauren Sánchez, nata nel 1969 ad Albuquerque, nel cuore del New Mexico, porta con sé una storia familiare ricca di tradizioni messicane. Cresciuta tra l’esempio di una madre impegnata nella politica locale e un padre pilota e meccanico aeronautico, Lauren ha coltivato fin da giovane il sogno di volare. Tuttavia, il suo primo tentativo di entrare nel mondo dell’aviazione come assistente di volo fu ostacolato da rigidi standard fisici dell’epoca.

La vera svolta arriva durante gli studi in California, dove Lauren scopre di essere dislessica.
Invece di lasciarsi abbattere, trasforma questa sfida in una forza, diventando sostenitrice attiva della International Dyslexia Association.

Il suo percorso accademico la porta a laurearsi alla University of Southern California e ad avviare una brillante carriera nel giornalismo televisivo, lavorando per emittenti come KCOP-TV e Fox, e arrivando persino a partecipare a celebri produzioni cinematografiche con piccoli ruoli.

La passione per il volo non viene mai abbandonata: nel 2011 ottiene il brevetto di pilota di elicotteri, attività che pratica regolarmente, spesso accompagnata da Bezos e dai figli. Unendo le sue competenze nell’aviazione e nei media, fonda la Black Ops Aviation, società specializzata in riprese aeree per il cinema e la televisione, diventando una delle poche donne a distinguersi in questo settore.

Sul fronte personale, Lauren ha vissuto relazioni con figure di spicco del mondo sportivo e dello spettacolo, tra cui il cronista Rory Markas, il giocatore di football Anthony Miller, il cestista Derek Fisher e l’attore Henry Simmons. Dalla relazione con Tony Gonzalez nasce il figlio Nikko, mentre dal matrimonio con Patrick Whitesell, potente agente di Hollywood, arrivano altri due figli, Evan ed Eleanor.

Oggi, a 54 anni, Lauren Sánchez si prepara a scrivere nuovi capitoli della sua vita, consapevole che ogni sfida può diventare un trampolino verso traguardi ancora inesplorati. E, come ama ricordare sui social, “la vita è solo all’inizio”.

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DSA e scuola: una madre denuncia l’importanza di un’educazione inclusiva e rispettosa

Lettera di una madre a docenti e istituzioni scolastiche

Sono la mamma di due ragazzi con Disturbo Specifico dell’Apprendimento (DSA) e desidero condividere una riflessione profonda sull’esperienza scolastica dei miei figli. Osservo con attenzione come parole, giudizi e classificazioni possano influenzare in modo decisivo la costruzione dell’identità e dell’autostima di un ragazzo.

Non scrivo per lamentarmi, ma per raccontare il dolore che si ripete ogni volta che mio figlio torna a casa con lo sguardo abbassato e il cuore appesantito. Questo sentimento non è solo suo, ma accomuna tanti giovani che quotidianamente si sentono “diversi” o “non all’altezza”.

Alla fine di questo anno scolastico, mio figlio si trova con una sospensione del giudizio in due materie. Non sarebbe un fatto eccezionale se non fosse per l’atteggiamento di alcuni insegnanti che, più che valutare, sembrano giudicare la sua persona. Da ottobre, con impegno e sacrifici, ha affrontato con determinazione un percorso in una scuola superiore di Ravenna, rinunciando persino allo sport per dedicarsi al recupero delle materie.

Eppure, il suo sforzo non è stato riconosciuto: ha ricevuto voti al limite della sufficienza e commenti che lo hanno fatto sentire “non all’altezza” o addirittura “sbagliato” per aver scelto quella scuola.

In altre discipline, come scienze, ha ottenuto ottimi risultati, dimostrando che con il giusto supporto può eccellere. Questo ci porta a riflettere: vogliamo davvero una scuola che etichetta e limita, o una che valorizza ogni studente? Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) dovrebbe essere un vero strumento di inclusione, non una semplice formalità.

Racconto questa esperienza per informare e unire le tante famiglie che vivono situazioni simili. Ogni parola di un adulto lascia un segno indelebile nei ragazzi: può accendere la speranza o alimentare la paura.
E la paura, cari insegnanti, blocca l’apprendimento, la memoria e l’attenzione. Solo un ambiente sereno e fiducioso permette al cervello di attivarsi e imparare.

I DSA non indicano una minore capacità di apprendimento, ma un modo diverso di imparare. Esistono linee guida ministeriali, strumenti compensativi e metodi inclusivi che spesso, però, nella pratica quotidiana non vengono applicati. Troppi insegnanti vedono ancora i DSA come un problema da gestire, anziché come una sfida educativa da affrontare con competenza e sensibilità.

Il risultato è che molti ragazzi si sentono esclusi, etichettati e demotivati, intrappolati in una spirale di insicurezza.

La scuola non deve essere una selezione per i più forti, ma un luogo dove ogni studente, con i suoi limiti e talenti, si senta accolto e valorizzato. Dove un voto non sia solo un numero, ma un messaggio di fiducia.

Come famiglia, abbiamo cercato dialogo e collaborazione con insegnanti, referenti DSA e dirigenti, ma spesso abbiamo incontrato silenzi e indifferenza. Non chiediamo favoritismi, ma il rispetto dei diritti e una valutazione equa, che tenga conto delle reali esigenze educative.

Quanti altri ragazzi stanno vivendo questo stesso disagio? È ora di pretendere una scuola che non solo insegni, ma che sappia educare, accogliere e costruire.

Ogni giovane merita una possibilità, soprattutto quando il cammino è più difficile.

I miei figli non hanno bisogno di sconti, ma di fiducia, strumenti adeguati, tempo e soprattutto di educatori che credano in loro anche quando loro stessi faticano a farlo. Solo così si può nutrire l’autostima, fondamento imprescindibile per ogni apprendimento.

Non chiedo compassione, ma riconoscimento dell’impegno e sostegno. Scrivo affinché chi legge ricordi che ogni ragazzo è un potenziale straordinario e che le ferite subite a scuola possono durare anni. Nessun voto può valere più della gioia di sentirsi accolti.

Vi prego di ricordare che non correggete solo un compito, ma parlate al futuro di un essere umano.

Una madre che crede nell’educazione come atto d’amore e che da anni combatte questa battaglia.

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Esame di maturità e DSA: il consiglio di stato conferma la bocciatura, tra diritti e discrezionalità tecnica

Sentenza definitiva sulla bocciatura di uno studente con disturbi specifici dell’apprendimento

Dopo un lungo percorso giudiziario che ha coinvolto due gradi di giudizio, è stata confermata la bocciatura di uno studente con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) all’esame di maturità. Il Consiglio di Stato, con una sentenza della Settima Sezione depositata il 20 marzo, ha rigettato l’appello presentato dal giovane studente, frequentante la quinta classe dell’indirizzo Costruzioni, Ambiente e Territorio (CAT), ratificando la decisione già presa dal TAR.

Le contestazioni dello studente: mancata applicazione del Piano Didattico Personalizzato

Il ricorso iniziale sollevava diverse critiche riguardo all’applicazione del Piano Didattico Personalizzato (PDP). Lo studente lamentava di non aver ricevuto gli schemi di storia durante la prima prova scritta, nonostante avesse scelto una traccia a tema storico, ricevendo invece solo quelli di letteratura.

Per la seconda prova, relativa alla Topografia, denunciava la mancata concessione di strumenti compensativi come mappe, schemi, formulari e tabelle previsti dal PDP, ottenendo soltanto un’estensione di tempo di mezz’ora.

Inoltre, contestava le griglie di valutazione, sostenendo che non fossero state adattate alle sue necessità come previsto dall’ordinanza ministeriale 55/2024. In particolare, criticava il voto 6 assegnato alla prima prova, motivato con “pianificazione non lineare e testo poco coerente”, giudizio che riteneva non tener conto delle sue difficoltà specifiche.

Tra le altre obiezioni, lo studente segnalava una presunta irregolarità procedurale: il verbale della commissione non indicava se la decisione fosse stata presa all’unanimità o a maggioranza, elemento che secondo lui avrebbe dovuto essere esplicitato secondo l’articolo 27 dell’ordinanza ministeriale.

La rivalutazione disposta dal TAR e il risultato invariato

Il TAR, pur respingendo il ricorso principale, aveva disposto una rivalutazione delle prove scritte e orali, ordinando la sospensione degli atti impugnati e l’applicazione delle misure previste dal PDP. La commissione d’esame ha quindi riesaminato i risultati, ma ha confermato la bocciatura, dimostrando che anche con l’adeguamento alle esigenze dello studente con DSA, la preparazione non risultava sufficiente.

Il Consiglio di Stato: conferma delle misure compensative e legittimità della valutazione

Il Consiglio di Stato ha analizzato punto per punto le argomentazioni presentate, evidenziando che la commissione ha effettivamente applicato il PDP, approvando gli schemi forniti dallo studente per l’esame.

Riguardo alle griglie di valutazione, la sentenza chiarisce che l’ordinanza ministeriale 55/2024 non prevede griglie specifiche per studenti con DSA, ma consente solo di adattare quelle esistenti in base al PDP. Non è stata fornita alcuna prova che gli schemi utilizzati fossero inadeguati.

Discrezionalità tecnica e valutazione degli studenti con DSA

La sentenza ribadisce un principio consolidato nella giurisprudenza amministrativa: la valutazione scolastica è soggetta a una “ampia discrezionalità tecnica” da parte della scuola, basata su giudizi analitici dei docenti per ciascuna materia. Questa discrezionalità è insindacabile da parte del giudice amministrativo, a meno che non emerga una manifesta illogicità o contraddittorietà.

Vale anche per gli studenti con PDP, per i quali l’obiettivo non è semplicemente ottenere la promozione, ma raggiungere una preparazione adeguata che consenta di proseguire con successo gli studi o inserirsi nel mondo del lavoro.

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Dislessia a scuola: la testimonianza di un padre e la necessità di un cambiamento reale

Nel cuore della provincia di Ravenna, una famiglia si trova a fare i conti con le difficoltà che ancora oggi, nel 2025, segnano il percorso scolastico degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA). La voce che racconta questa storia è quella di un padre, che ha visto il proprio figlio affrontare con coraggio e determinazione le sfide poste dalla dislessia, scontrandosi però con una realtà scolastica ancora troppo poco preparata.

Il ragazzo, nonostante il disturbo, non si è mai arreso: ha dedicato ore allo studio, ha cercato strategie per superare gli ostacoli, supportato costantemente dalla famiglia sia dal punto di vista emotivo che economico.
Le spese per le ripetizioni private e le valutazioni diagnostiche sono state ingenti, superando spesso i 300 euro mensili per il supporto didattico e i 500 euro per le certificazioni necessarie. Tutto questo nella speranza che la scuola potesse offrire il supporto previsto dalla normativa.

La realtà, però, si è rivelata ben diversa.
Molti insegnanti, infatti, sembrano ignorare le buone pratiche relative ai DSA: strumenti compensativi, dispensativi e modalità di verifica personalizzate vengono spesso trascurati o applicati in modo superficiale. Mancano empatia, attenzione e una reale volontà di ascolto. L’ambiente scolastico, che dovrebbe essere inclusivo, rischia così di trasformarsi in un luogo di esclusione per chi convive con queste difficoltà.

Gli studenti con DSA non chiedono favoritismi, ma solo di poter competere ad armi pari. Desiderano che il loro impegno venga riconosciuto e che le strategie didattiche previste vengano utilizzate correttamente.
Purtroppo, troppo spesso si ritrovano a sostenere prove non adattate e a ricevere valutazioni che non tengono conto delle loro reali necessità, subendo atteggiamenti poco sensibili da parte di alcuni docenti.

Tutto ciò porta a una riflessione amara: quale senso ha investire tempo, risorse ed energie, se la scuola – che dovrebbe essere il primo luogo di accoglienza – diventa invece fonte di frustrazione e disagio?

Il caso di questa famiglia non è isolato, ma rappresenta una problematica diffusa in molte realtà italiane.

L’assenza di formazione specifica, la scarsa volontà di aggiornamento e la mancanza di rispetto per le esigenze degli studenti con DSA sono ancora oggi ostacoli concreti.

Raccontare questa esperienza significa voler sensibilizzare l’opinione pubblica e le istituzioni, affinché nessun ragazzo venga lasciato indietro o, peggio, umiliato per una difficoltà che non ha scelto. La scuola ha il dovere di essere un luogo di crescita, inclusione e rispetto.

È fondamentale che docenti e dirigenti scolastici acquisiscano competenze specifiche e sviluppino una reale sensibilità verso i bisogni degli studenti con dislessia. Solo così sarà possibile costruire una scuola davvero equa e capace di valorizzare ogni studente.

A chi legge, l’invito è a non voltarsi dall’altra parte: il cambiamento passa anche dalla consapevolezza e dall’impegno di tutti.
Firma: Un padre che non si arrende