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Nuove indicazioni 2025: le criticità per gli studenti con DSA secondo l’Associazione Italiana Dislessia

Le Nuove indicazioni nazionali 2025 per la scuola dell’infanzia e il primo ciclo di istruzione sollevano dubbi e preoccupazioni, secondo l’Associazione Italiana Dislessia (AID).
Il documento, elaborato dal Ministero dell’Istruzione, presenta aspetti che potrebbero ostacolare il diritto allo studio degli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), in particolare per quanto riguarda la consapevolezza fonologica e l’apprendimento del corsivo.

La questione della consapevolezza fonologica

Nel campo di esperienza “I discorsi e le parole”, le Indicazioni Nazionali valorizzano attività linguistiche come rime, filastrocche e giochi con le parole. Tuttavia, l’AID sottolinea la mancanza di riferimenti espliciti alla consapevolezza fonologica, ritenuta cruciale per l’acquisizione del linguaggio scritto.
Le Linee guida del 2011 evidenziano come le operazioni metafonologiche, come la manipolazione delle parole a livello sillabico, siano accessibili anche ai bambini che non hanno ancora familiarità con il codice scritto. L’Associazione si chiede se verranno proposti strumenti didattici adeguati per la scuola dell’infanzia o se si continuerà a privilegiare esercitazioni grafo-motorie prive di attività metafonologiche.

L’apprendimento del corsivo: una sfida per gli studenti con DSA

Un altro punto critico riguarda l’introduzione esplicita dell’apprendimento del corsivo nelle Nuove Indicazioni 2025. Il documento afferma che “la scrittura è fondamentale e va curata con particolare attenzione, a partire dall’apprendimento del corsivo e della calligrafia”. Questo rappresenta un cambiamento significativo rispetto alle Indicazioni del 2012, in cui il corsivo non era menzionato. L’AID teme che questa enfasi possa rendere obbligatorio l’uso del corsivo già dai primi giorni di scuola primaria, senza considerare le difficoltà degli studenti con DSA, in particolare quelli con disgrafia. Le Linee guida del 2011 suggeriscono, invece, un approccio graduale, iniziando con lo stampato maiuscolo, più semplice percettivamente, per poi passare allo stampato minuscolo e al corsivo.

Verso una scuola più inclusiva

L’AID auspica che queste osservazioni vengano prese in considerazione nella revisione delle Nuove Indicazioni 2025, per garantire un’educazione realmente inclusiva e rispettosa delle esigenze di tutti gli studenti, anche di quelli con difficoltà di apprendimento.

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Strategie per superare le difficoltà di apprendimento: incontro a Parma su DSA e metodi di studio

Prosegue con successo il ciclo di incontri “Stare bene… Non solo a parole”, un’iniziativa promossa da welFARE per sensibilizzare la comunità su tematiche legate al benessere e alla salute.

Il prossimo appuntamento, in programma giovedì 27 marzo alle 18.00 presso la Casa della Comunità “Benito Cocchi” (Via XXIV Maggio 63, Parma), si concentrerà sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) e sulle strategie didattiche personalizzate.

Organizzato in collaborazione con l’Associazione Italiana Dislessia sezione di Parma, l’evento offrirà un momento di sensibilizzazione e immedesimazione sui DSA.

Uno dei momenti più significativi sarà dedicato alle testimonianze dirette degli studenti, che racconteranno le loro esperienze e le soluzioni adottate per superare le difficoltà scolastiche.

L’incontro sarà anche un’occasione per scoprire le risorse disponibili sul territorio e per approfondire approcci educativi innovativi.

L’evento è gratuito e aperto a tutti.

Per ulteriori informazioni, è possibile consultare il sito: www.parmawelfare.it/stare-bene-non-solo-a-parole.

Questo appuntamento rappresenta un’opportunità preziosa per genitori, insegnanti e cittadini interessati a comprendere meglio i DSA e a supportare i ragazzi nel loro percorso di apprendimento.

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Verso una nuova comprensione della dislessia: una definizione universale per migliorare il supporto

La dislessia, un disturbo dei 4 disturbi dell’apprendimento necessita di una definizione più precisa per garantire un supporto adeguato.

Negli anni, le diverse definizioni hanno creato confusione, rendendo difficile l’accesso alla diagnosi e al supporto, che varia notevolmente a seconda del luogo di residenza.
Per risolvere questo problema, un gruppo di ricercatori del Regno Unito, tra cui l’Università di Birmingham, il King’s College London e l’Università di Oxford, ha proposto una nuova definizione a livello nazionale.

Questa iniziativa è nata dal riconoscimento che la definizione attuale, basata sulla revisione Rose del 2009, non è stata universalmente accettata e non ha fornito un percorso chiaro per la valutazione della dislessia.
La professoressa Julia Carroll, leader dello studio, sottolinea l’importanza di una definizione condivisa per migliorare il supporto ai bambini dislessici.

Per raggiungere questo obiettivo, 58 esperti internazionali in disturbi dell’apprendimento hanno valutato e votato su una serie di affermazioni chiave relative alla dislessia, coprendo aree come la definizione, le capacità intellettive, le cause e la co-occorrenza con altri disturbi.
Da queste affermazioni è emersa una nuova definizione che descrive la dislessia come un insieme di difficoltà di elaborazione che influenzano l’acquisizione della lettura e della scrittura, con indicatori chiave come la fluidità della lettura e l’ortografia.

La dislessia si presenta su un continuum e può coesistere con altri disturbi dello sviluppo.

I ricercatori sostengono che il processo di valutazione dovrebbe seguire 4 fasi principali: escludere altre cause delle difficoltà, raccogliere informazioni aggiuntive, intervenire rapidamente con supporto aggiuntivo se necessario, e valutare la risposta all’intervento.

Questo approccio potrebbe migliorare significativamente il supporto ai bambini dislessici, garantendo loro pari opportunità di apprendimento.

Inoltre, il percorso diagnostico nazionale obbligatorio basato su queste fasi potrebbe ridurre le disparità nel supporto educativo, assicurando che ogni bambino riceva l’aiuto di cui ha bisogno per superare le sfide quotidiane scolastiche.

Questa nuova definizione rappresenta un passo cruciale verso una maggiore comprensione e inclusione delle persone con dislessia, migliorando così la loro qualità della vita.

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DSA e Celebrità

Henry Winkler: la dislessia come forza motrice

Henry Winkler, l’indimenticabile Fonzie di “Happy Days”, ha vissuto un’infanzia segnata da incomprensioni e critiche. La dislessia, non diagnosticata fino all’età di 31 anni, lo ha reso vulnerabile alle etichette di “pigro” e “stupido”, creando un’ombra di insicurezza che lo ha accompagnato per anni.
La scuola, un luogo di apprendimento per molti, è diventata per lui un campo di battaglia, dove le difficoltà di lettura e scrittura lo hanno reso un bersaglio per l’insuccesso.

La svolta nella sua vita è arrivata con la diagnosi di dislessia del suo figliastro, che ha illuminato il mistero delle sue difficoltà passate. Questo evento ha segnato un punto di liberazione, permettendogli di comprendere che le sue difficoltà non erano un segno di mancanza di intelligenza, ma una manifestazione di un disturbo dell’apprendimento. La scoperta della dislessia ha permesso a Winkler di riconciliarsi con il suo passato, di perdonare se stesso e i suoi genitori per l’incomprensione.

Il successo di “Happy Days” ha reso Winkler un’icona, ma la sua carriera è andata ben oltre il personaggio di Fonzie. Ha dimostrato la sua versatilità come attore, regista e produttore, abbracciando ruoli diversi e sfidanti. La sua capacità di reinventarsi e di affrontare nuove sfide è una testimonianza della sua resilienza.

Oltre alla sua carriera artistica, Henry Winkler ha dedicato la sua vita alla sensibilizzazione sulla dislessia. Attraverso la serie di libri “Hank Zipzer”, ha portato le esperienze dei bambini con disturbi dell’apprendimento al centro della scena, offrendo loro un modello di resilienza e successo.
Il suo attivismo ha contribuito a cambiare la percezione della dislessia, trasformandola da un tabù a un tema di discussione aperta.

La dislessia ha anche influenzato il suo approccio alla recitazione. Winkler ha sviluppato una capacità di empatia e di comprensione dei personaggi che gli ha permesso di interpretare ruoli complessi e sfaccettati.
Dietro il sorriso contagioso e il talento innegabile di Henry Winkler, si cela una storia di tenacia forgiata dalle complesse dinamiche familiari. Il rapporto con i suoi genitori, segnato da aspettative elevate e incomprensioni, ha avuto un impatto profondo sul suo sviluppo personale, influenzando la sua autostima, la sua determinazione e il suo impegno sociale.

Henry Winkler è diventato un esempio di come le sfide familiari possano essere trasformate in forza e in un’opportunità per aiutare gli altri.
La sua storia è un messaggio di speranza per tutti coloro che affrontano difficoltà simili, dimostrando che con resilienza e determinazione, anche le avversità possono diventare un trampolino per il successo.

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DSA: li verità sui numeri e il futuro dell’educazione inclusiva

Nel contesto del dibattito acceso dalle dichiarazioni del filosofo Umberto Galimberti sulla presunta medicalizzazione della scuola italiana, l’Associazione Italiana Dislessia (AID) ha presentato un’analisi approfondita dei dati ministeriali sui Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA).
Questi dati smentiscono l’ipotesi di un aumento esponenziale delle certificazioni, rivelando invece un incremento costante ma contenuto.

Nel 2022/2023, gli studenti con diagnosi di DSA erano 354.569, corrispondenti al 6% della popolazione scolastica, con un aumento medio annuo dello 0,5% dal 2010 al 2023.
Questi numeri sono coerenti con le stime europee, che indicano una prevalenza dei DSA tra il 5% e il 12%.
Secondo la Presidente di AID, Silvia Lanzafame, “il processo di riconoscimento delle specificità degli studenti non è una medicalizzazione, ma un passo verso un’educazione più inclusiva”.

Tuttavia, emerge un problema critico: il ritardo nelle diagnosi. Solo il 3% degli studenti delle scuole primarie ha ricevuto una diagnosi di DSA, mentre questo numero sale al 6,5% nella scuola secondaria di I grado e al 7% nella scuola secondaria di II grado. Questo ritardo può avere gravi ripercussioni sul benessere psicologico degli studenti. Una diagnosi tempestiva potrebbe ridurre la frustrazione e migliorare l’efficacia degli interventi educativi.

Inoltre, i dati mostrano una forte disomogeneità territoriale nelle certificazioni: il Nord Ovest registra il 7,9%, il Nord Est il 6,7%, il Centro il 6,1%, mentre il Sud solo il 2,8%. Questa disparità solleva dubbi sull’equità del sistema sanitario nazionale e sulla capacità di garantire diagnosi uniformi in tutto il Paese.

AID lancia un appello per un’azione coordinata volto a ridurre i ritardi diagnostici e le disuguaglianze territoriali, rafforzando i servizi sanitari e scolastici dedicati ai DSA. L’obiettivo è garantire pari opportunità di apprendimento a tutti gli studenti, favorendo un sistema educativo realmente inclusivo.

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Pedagogia

L’inclusione scolastica oggi: sfide e opportunità per un futuro più equo

Nel panorama educativo contemporaneo, l’inclusione rappresenta un tema cruciale. Per comprendere meglio questo aspetto, abbiamo avuto l’opportunità di discutere con il Professor Dario Ianes, un’autorità nel campo della pedagogia e didattica dell’inclusione. La sua esperienza ci aiuta a capire come l’incremento delle diagnosi non sia sempre un fenomeno negativo, ma spesso il risultato di una maggiore consapevolezza e capacità di riconoscimento.

Il mondo delle disabilità certificate, ad esempio, è soggetto a procedure rigorose e controllate, con commissioni e certificazioni che ne regolano l’accesso. L’aumento delle diagnosi di disturbi dello spettro dell’autismo è dovuto sia a una migliore capacità di riconoscimento sia a un incremento reale, un fenomeno globale supportato da dati epidemiologici.

Per quanto riguarda i Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), come la dislessia, la diagnosi non è un processo semplice. Richiede protocolli scientifici ben definiti dal Ministero della Salute, che includono test specifici per identificare correttamente le difficoltà. Questo processo non patologizza gli studenti, ma piuttosto li aiuta a ricevere misure didattiche personalizzate che supportano il loro percorso educativo.

Tuttavia, esistono disparità geografiche significative nel riconoscimento dei DSA. Al sud, ad esempio, i servizi di diagnosi sono spesso insufficienti, portando a ritardi nel riconoscimento e nell’accesso alle misure compensative.
Questo non significa che il sud “patologizzi” meno, ma piuttosto che c’è un problema di accesso ai servizi.

Infine, ci sono i Bisogni Educativi Speciali (BES), che non implicano una diagnosi medica ma piuttosto il riconoscimento di difficoltà educative specifiche. La scuola assume la responsabilità di identificare queste esigenze e attivare misure personalizzate per supportare gli studenti. Nonostante le preoccupazioni iniziali, non si è verificata una “patologizzazione” eccessiva, grazie alla responsabilità della scuola nel gestire queste situazioni.

La scuola deve essere vista come un’istituzione flessibile, capace di riconoscere e supportare gli studenti in difficoltà senza patologizzare le loro situazioni. Questo approccio non solo favorisce l’inclusione, ma contrasta anche la tendenza a demonizzare le diagnosi e a incolpare i genitori per la ricerca di facilitazioni. Tali discorsi, spesso basati su confronti con il passato, possono essere pericolosi perché minano gli sforzi verso una società più inclusiva.

È fondamentale evitare generalizzazioni come quella secondo cui i genitori sono più interessati alla promozione che alla formazione dei figli. Queste affermazioni possono essere fuorvianti e non riflettono la realtà, poiché non si considera la diversità delle situazioni familiari. La scuola deve invece impegnarsi a coinvolgere i genitori, mostrando loro i progressi dei loro figli e mantenendo un dialogo continuo. Questo ruolo culturale della scuola è cruciale per la crescita della comunità.

Tuttavia, questo compito è spesso sottovalutato e non sufficientemente riconosciuto all’interno dell’autonomia scolastica. La società, compresi i genitori, deve sostenere la scuola e valorizzare il ruolo degli insegnanti, che spesso non ricevono il riconoscimento sociale e politico che meritano. Durante la pandemia, abbiamo visto esempi di collaborazione virtuosa tra scuola e famiglia, come ad esempio la creazione di tutorial educativi. È importante continuare a sviluppare queste pratiche innovative per creare un sistema educativo più inclusivo e supportivo.

Inoltre, progetti sperimentali in alcune scuole, come l’introduzione di figure di assistenti educatori, possono rappresentare un passo avanti verso una maggiore inclusione e supporto per gli studenti. Questi sforzi dimostrano che è possibile costruire un futuro migliore per tutti, dove ogni studente possa trovare il suo posto e crescere in un ambiente supportivo e inclusivo.