In un recente evento organizzato da Confartigianato Vicenza, il filosofo Umberto Galimberti ha espresso una critica severa sull’aumento delle diagnosi di Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) nelle scuole. Secondo Galimberti, la scuola elementare sembra essersi trasformata in una sorta di clinica psichiatrica, dove tutti gli studenti sembrano affetti da dislessia, disgrafia, discalculia, autismo e sindrome di Asperger. Queste parole hanno acceso un acceso dibattito sui social, con molti che accusano Galimberti di superficialità e altri che condividono le sue preoccupazioni.
Galimberti sostiene che l’aumento delle certificazioni sia dovuto più alla richiesta dei genitori di agevolazioni per i figli che a reali difficoltà di apprendimento. Secondo lui, i genitori cercano percorsi facilitati per i propri figli, piuttosto che concentrarsi sulla formazione.
Questa posizione ha suscitato reazioni forti, con alcuni genitori che difendono l’importanza delle diagnosi per garantire un percorso scolastico adeguato ai loro figli.
Tuttavia, molti ritengono che in passato le difficoltà esistessero ugualmente, ma venissero ignorate, causando sofferenza a molti studenti. Oggi, l’attenzione maggiore verso le differenze individuali rappresenta un passo avanti per l’inclusione, ma rischia di essere bilanciata da un eccesso di burocrazia e medicalizzazione. Il sistema scolastico si trova quindi a dover affrontare la sfida di coniugare inclusione e formazione adeguata, evitando di trasformare la scuola in una clinica.
La questione sollevata da Galimberti evidenzia il bisogno di un equilibrio tra supporto specifico per gli studenti con DSA e una formazione generale di qualità. Mentre alcuni docenti lamentano il crescente conflitto con i genitori, altri sottolineano come il sistema sia diventato troppo frammentato e burocratico, rischiando di rallentare l’insegnamento.
In questo contesto, è fondamentale promuovere una maggiore consapevolezza e comprensione delle neuro diversità, come sottolinea Giacomo Stella, psicologo e psicolinguista, che ribadisce l’importanza di affrontare la dislessia come una diversità cognitiva piuttosto che una patologia.
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